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Malaga y "el cante jondo" - El baile Flamenco


Il centro di Malaga è sempre affascinante, ma di notte diventa sorprendete. Le sue strade lastricate si fanno teatro di una convivialità tutta Andalusa. Si cammina per strada e sembra di non essersi mossi dal propio salotto di casa. Si respira un’atmosfera familiare e complice. Si tratta solo di scegliere il divano su cui accomodarsi, da quale angolo assistere alla "marcia" ( quella che noi usiamo chiamare "La movida").

Se vi si staziona per un po’ di tempo, a Malaga, col passare dei giorni, ai locali più famosi, si finisce per preferire quelli che ci sono congeniali. Il bar con l’ottimo Wi-Fi dove lavorare, quello con un buon caffé per le colazioni, esposto al sole fin dal mattino, quello arabo per il tè, quello per aperitivi cerveza y tapas, e poi la liturgia dei ristoranti…a seconda dello stato d'animo :)

Mi è capitato di passare delle notti insonni, durante le quali, verso le 3 e mezza, ho deciso di andare un po’ in giro per la notte malagheña. Anche qui, la sorpresa è stata straordinaria e coinvolgente.

Gli spagnoli chiamano "terraza" lo spazio occupato dai tavoli all’aperto disposti davanti a un locale (il suolo pubblico) . Solitamente sono organizzati, specie nella stagione invernale, che altro non è che una nostra incerta primavera, con delle coperture a tendaggio, oppure a ombrelloni. Sovente attrezzate con delle stufe a gas dalle diverse forme. Bocchette spioventi dall’alto, colonne, tipo obelischi, funghi. Insomma, ogni terraza di Malaga per la conformazione e la cromatura delle tende o degli ombrelloni, per la sistemazione dei tavoli, o delle seggiole, dei colori delle tovaglie, per la disposizioni delle luci, assume un suo aspetto specifico e unico. Ognuna di loro è un ambiente con delle caratteristiche precise, ha un suo “feeling”, una sua “atmosfera”.

Una volta scelti i locali preferiti, le loro terrazze diventano familiari e ci danno l’impressione che siano stabili, come costruzioni concrete e definitive. Invece no.

Voi uscite alla 4 della mattina e le strade sono vuote: tra le pareti delle casa non c'è nulla, le porte dei locali serrate, i lastricate delle strade rilucono, sgombri, alla sfavillio dei lampioni.

È un’altro centro quello che visitate di notte. Un altro fascino, altra dimensione quella che vi coinvolge. Siete voi e il teatro, il palcoscenico vuoto, sul quale la rappresentazione, momentaneamente finita, della movida riprenderà tra meno di 4 o 5 ore.

Infatti, verso le 9, le porte dei locali si aprono e i camerieri di turno cominciano con calma ma con precisione, a ricostruire lo stesso ambiente della nottata precedente. Fantastico!

Questo avviene per una legge che concede agli esercizi gli spazi pubblici ma obbliga a disimpegnarli ogni mattina, per consentire agli addetti dell’ayuntamiento (il comune) di pulire strade e piazze, con tanto di getti d’acqua e macchine rotanti.

Camminare a notte fonda al centro di Malaga è una esperienza da inserire nella casella “metamorfosi”.

Detto questo, a noi piace andare per locali a scovare artisti; ci piacciono quelli che hanno fatto della loro arte il loro lavoro, senza essere famosi e con tutte le difficoltà che questo comporta.

La Duchesa, Estepona, a sud di Malaga, abbiamo incontrato, al Gecko Bar, un piccolo locale inglese sul molo, (la zona ha delle numerose colonie di britannici) Matt Rivers, un cantautore o singer-songwriter, che sprizza energia e buonumore da ogni poro. E' stato molto bello ascoltare le sue composizione e le cover che ha proposto accompagnandosi con la chitarra. Troppa la curiosità di saperne di più.

Cominciamo a filmarlo e alla fine della sua esibizione gli chiediamo un’intervista. Vive a Tarifa con la sua compagna e compone musica per lanciare messaggi a favore di uno sviluppo sostenibile e per la salvaguardia dell’ambiente. Brindare con tre cagne ( bicchiere di birra alla spina) è stata la conclusione di una bella serata!

Bravo Matt e grazie per essere stato ospite di Story Hunters; in bocca al lupo a te e alla tua musica…

Tornando a Malaga, ai suoi locali e a noi che ci piace scovare “piccoli grandi artisti”, una sera, cercando il teatro Cervantes -come non essere attratti in Spagna da tutto ciò che ha che vedere con il grande Cervantes insuperato genio di umorismo e amara ironia-, giungiamo in piazza Jeronimo Cuervo dove lo stabile sorge, bello imponente, classico. Come spesso accade quando si arriva nei posti a ora di cena ( per queste cose il fuso in Spagna si sposta alle 21,30/22) perdiamo in fretta interesse per la bella nobile struttura e veniamo attratti da un ristoranti che gli sta di fronte: “Il vino mio”. Primo pensiero: dopo tanta birra, uno’ di vino….

Sorpresa, non è un locale italiano, ancora meglio. Mangiamo dell’ottimo pescado e beviamo l'ottimo vino rosso di Ramon Bilbao (lo so, il bianco, ma ci andava di bere vino tinto).

La cosa più bella però, e lì incontriamo Rosario. Sangue gitano, capelli lunghi, occhi enormi, sinuosa e flessibile Rosario è una bailaora di flamenco: corto circuito!

Mentre Barbara termina il suo ottimo piatto di crostacei, io torno a Calle Vittoria, 500 metri di strada, a prendere l’attrezzatura.

Filmiamo lo spettacolo e organizziamo un'intervista sotto la tenda della terraza, quella che tra poche ore verrà smontata per essere ricostruita il mattino dopo.

Rosario è dolcissima e al contempo impetuosa come una ballerina di flamenco deve essere. Ballare è la sua arte, alla quale è legata fin da bambina, spinta dalle sollecitazioni di un padre gitano, ed è anche il suo lavoro: è il nostro tipo!

La sua intervista è in spagnolo, ma chiunque potrà cogliervi lo spirito che la pervade e lasciarsi coinvolgere dalla sua personalità!

L’ultimo giro di bicchieri dà il via alle riprese!

Ed ora, per i più curiosi due note sul Flamenco.

Il ballerino, sprezzante, si leva la giacca, lentamente, poi, a gambe divaricate, muovendo le braccia disegna, con essa, delle mezze lune e la scuote, come se avesse in mano la muleta. Tiene gli occhi fissi su un punto, preciso e astratto. La tensione è alta, l’atmosfera è colma di rivalsa. Difronte a lui ci sono le sue amarezze, il suo dolore, la vita mediocre da riscattare con il coraggio; sta all’erta, invita alla sfida il destino, la sfortuna, la miseria; è una rivincita quella che mette in atto: davanti a lui c’è il suo toro immaginario. Lui vincerà, con rabbia e determinazione.

Nel ballerino , e sempre più spesso anche nella ballerina ( bailaor y bailaora), si fondono, in similitudini estetiche, l’arte di toreare e l’arte flamenca. In sintesi, quello, che nell’immaginario comune, compone l’anima della Spagna, o, più precisamente, della Spagna meridionale, l’Andalusia.

L’origine del flamenco ha radici lontane. I canti introdotti in Spagna dai gitanos si fondono con le melodie provenienti dal Nord Africa musulmano per creare il flamenco jondo, o canto jondo ( canto profondo- se si riferisce solo al canto), la forma antica e pura che esprime le emozioni più malinconiche e drammatiche. I temi espressi dai testi nascono nelle classi sociali più povere e disagiate e trattano di amori infelici, di pazzia, di sfruttamento, di morte.

La struttura del flamenco si divide in quattro parti.

Cante, il canto.

Baile, il ballo.

Toque, il suonare la chitarra.

Jaleo, l’accompagnamento ritmico.

Il cantaores può esistere anche autonomamente, cioè senza avvalersi dell’accompagnamento della chitarra ( A palo seco), mentre la chitarra è il tipico strumento di accompagnamento al cante e al baile. Negli ultimi decenni, con artisti come Paco De Lucìa, è diventata anche strumento solista.

Il baile è la cifra stilistica più evidente del flamenco. Il ballerino o la ballerina esprimono coi loro gesti il dualismo di questa danza terrigna: il calpestio dei piedi (zapateado), Jaleo, l’accompagnamento ritmico, fa pensare al legame con la terra, mentre dai movimenti armoniosi delle braccia ci giunge il tratto aereo. Realtà e aspirazione, determinazione e sogno, rabbia e sensibilità. Il flamenco riproduce una sfida, una disputa a vari livelli, un punto di passaggio da una condizione più bassa a una più elevata: dall’umiliazione alla rivalza, dalla solitudine all’amore, dalla felicità alla gioia.

Infatti, il flamenco presenta diversi stili: i toni dolenti della soleà, quelli disperati della siguiriya, oppure quelli vivaci, dinamici e lieti dell’alegrìa e della bulerìa.

Nulla è lasciato al caso, ogni colore è abbinato a uno stato d’animo. per esempio, molti abiti femminili flamenchi, o le camice degli uomini, sono a pois, che in castigliano si chiamano lunares. Pois bianchi su fondi scuri o rosso sangue, echeggiano la luna piena e sono simboli di ottimismo; all’opposto pois neri su fondi chiari rappresentano l’assenza di luna, l’ansia, la negatività e vengono indossati generi tristi e inquieti.

Ci piace immaginare che Rosario si ispiri alla jondura ( profondità) della grande bailaora Carmen Amaya ( 1913-63). La ricerca dell'affinamento nello stile è, per una ballerina di flamenco, un cammino senza fine, il cui traguardo principale è il continuo perfezionamento della profondità dell’espressione personale. A noi, Rosario ci ha emozionati col suo ballo e ci sembra sia sulla buona strada per diventare una grande ballerina di flamenco! Grazie bella gitana per essere stata una serata in compagnia di Story Hunters tv, le tue nacchere hanno segnato il ritmo di una bellissima serata.

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